lunedì 14 marzo 2016

Cara storia



Oggi ricercando notizie sul "bosco verticale" di Stefano Boeri mi sono imbattuto casualmente in un edificio che mi ha meravigliato e cioè la Torre Guinigi di Lucca. Questa torre costruita forse nel XIV secolo ha sulla sommità un piccolo bosco di lecci.


Un edificio del genere come non può sbalordirti?
Da ciò è nata una riflessione su torri e grattacieli.
Chi studia architettura conosce bene la Scuola di Chicago sviluppatasi in seguito all'incendio della città nel 1871, nella quale si sono formati Sullivan e Lloyd Wright, e alla quale è attribuita la paternità dei grattacieli. Se facciamo una considerazione tecnologica questo è vero. I grattacieli vengono costruiti con strutture portanti in acciaio ed elementi industriali standardizzati. Prima la città americana ed in seguito gran parte del globo sono stati colonizzati da questa nuova tipologia edilizia. Ma la paternità di tali strutture può essere attribuita agli States? Io credo di no. Da cronache e miniature medievali conosciamo che le nostre città erano zeppe di torri. Ad esempio Bologna, tra il XII e XIII secolo, ne possedeva oltre cento. Insomma il grattacielo (torre) non è un'invenzione moderna. Le ragioni del fiorire di tali strutture sono da imputare al fermento economico e alla situazione politica dell'epoca. In particolare la lotta per le investiture tra papato e impero creò una contrapposizione tra i poteri sfruttata abilmente dalle città per rendersi autonome istituendo le organizzazioni comunali. Il seguente scontro tra guelfi (filo papali) e ghibellini (filo imperiali) ebbe ripercussioni anche sull'organizzazione interna dei comuni. La rivalità tra i "partiti" si riflette anche sull'architettura. Le famiglie notabili iniziano a costruire abitazioni difendibili da attacchi sfidandosi a chi ha la torre più alta. Dunque le torri nascono con necessità difensive e simboliche mentre le cerchie urbane costringono a costruire in spazi stretti. Dunque si ha un tessuto urbano combatto con edifici sviluppati in altezza (praticamente come le "down town" americane).
Le analogie con i grattacieli attuali sono molte: le classi economicamente più potenti hanno il desiderio di proiettare in alto la propria grandezza e il rilevante costo delle aree edificabili genera una "speculazione" edilizia.


San Gimignano e Manhattan

La nascita della prospettiva e l'idea che l'uomo, essere razionale, è al centro del mondo mette in crisi i canoni dell'architettura medioevale. Non più interventi autonomi ma organici, non più torri per i nobili ma palazzi inseriti nel tessuto urbano senza sistemi di difesa, non più vicoli ma strade a misura d'uomo prospetticamente misurati.


Dunque possiamo guardare al Medioevo come riferimento per i nostri tempi o è il caso di rifarci ad epoche più "razionali"? Possiamo invece guardare al passato senza retorica prendendo spunti funzionali al nostro modo di vivere e di pensare? Possiamo guardare al passato non per prenderne gli stili divenendo "neo-qualcosa" ma cercando di capire l'essenza, le ragioni di alcune scelte?

giovedì 10 marzo 2016

Salti, evoluzioni e conseguenze

In questi giorni abbiamo riflettuto sul concetto di crisi e su ciò che la crisi comporta. Crisi in fondo deriva dal greco krino cioè separare, cernere o discernere, giudicare, valutare. Dunque è evidente che il concetto di crisi, oggi usato in maniera negativa, ha in sé un significato positivo. La crisi porta a una riflessione sull'essere, sulla società, sulla tecnica etc. che può produrre un salto in avanti.
Da questa riflessione ne nasce un'altra, forse fuori tema, che riguarda l'evoluzione ed in particolare quello della società umana.
Il mio intento è quello di mettere in relazione due tappe della storia umana, due rivoluzioni economico-culturali che hanno portato nel tempo a una rivoluzione dell'informazione.
L'umanità affronta un salto in avanti alla fine dell'ultima era glaciale: con un clima più temperato si riesce a sfruttare meglio la natura e si capisce che questa può essere controllata "artificialmente". Nascono l'agricoltura e l'allevamento! Questa rivoluzione profonda genera una serie di conseguenze a lungo termine dalle quali non si può più prescindere. Il salto tecnologico e culturale necessita di una nuova struttura della società. Non è più necessario il nomadismo e la società sedentaria ha bisogno di strutture insediative permanenti: nasce l'edilizia e il villaggio-città. La stabilizzazione dei nuovi insediamenti ha bisogno di luoghi simbolici a livello religioso che sostituiscano la vetta, il masso, l'albero, il fiume: nascono i templi-altari. La nuova complessità sociale (a cui dobbiamo aggiungere l'immagazzinamento del surplus produttivo e la necessità di gestire funzionalmente il territorio agricolo con la canalizzazione delle acque per l'irrigazione) necessità di nuove figure atte alla gestione del tutto: nasce la politica. Ma come tenere legata la società da vincoli che possano rimanere, da una convenzione oggettiva? Come si può mantenere la contabilità, mandare informazioni, descrivere le divinità, tramandare la storia dell'origine della città senza però dei modi di comunicare soggettivi? Ecco che nasce l'esigenza di sviluppare una "convenzione grafica" atta all'informazione: nasce la scrittura!
Esaminata la prima grande rivoluzione si passa alla seconda.
L'epoca agricola non incorre in crisi di sistema per lungo tempo. Ciò non significa che non ci sono crisi, anche perché è la storia a smentirmi. Ci sono state crisi politiche, carestie e tracolli economici, pestilenze e inflessioni della popolazione ma il sistema agricolo è rimasto in vita ed è stato sempre e comunque alla base della società umana.
Nel Medioevo però, in seguito agli sconvolgimenti politici successivi alla caduta dell'Impero romano, si assiste in Europa a un cambiamento sostanziale. Nascono i comuni e gli stati nazionali. L'Italia in particolare è al centro di questo fermento e al centro delle rotte economiche e culturali. Le crociate, la crisi dell'Impero bizantino e del mondo musulmano, il rafforzamento del ruolo del papato e, aggiungo io, la nascita del regno di Sicilia aprono nuovi orizzonti economici che l'Italia, paradossalmente grazie alla divisione politica la caratterizza, riesce a sfruttare a pieno. La divisione crea concorrenza che stimola lo sviluppo della "ricerca" in senso lato. Dal punto di vista economico nascono le banche e quindi la finanza. L'aumentare di capitale e il surplus vengono investiti in architettura e arte oltre che nella manifattura. I centri di sviluppo in particolare sono Firenze e Siena, entrambe sulla via Francigena, ma anche Milano, Venezia, Bologna, Roma e Napoli. A mio modo di vedere è nato il capitalismo! Il massimo sviluppo si raggiunge con il Rinascimento e la stampa ma la contemporanea scoperta dell'America, l'impero ottomano e la riforma protestante mettono in crisi il sistema. In Italia però la distanza dalle rotte oceaniche ma soprattutto la mancanza di unità politica non permettono di fare il salto, cosa che invece succede altrove. Per esempio in Spagna è in questo periodo che si raggiunge l'unità, Francia e Inghilterra si stabilizzano con il rafforzarsi delle rispettive monarchie mente il nord Europa trova un nuovo stimolo grazie alla riforma protestate. Il salto dal precapitalismo al capitalismo vero e proprio si ha poi con le teorie economiche di Smith ma soprattutto con l'invenzione della macchina a vapore. Benvenuta rivoluzione industriale!
Cosa succede ora? Cambia tutto! La nuova forza produttiva e quindi economica è nella borghesia, in contrapposizione con la nobiltà che detiene il monopolio della terra. Questi interessi divergenti non possono che arrivare allo scontro: abbiamo la rivoluzione americana e francese (e Napoleone). L'Ottocento dunque e il secolo della stabilizzazione del sistema industriale, con lo sviluppo dello stato liberale, dello studio sulle nuove questioni umane e della ricerca di risposte per le masse (vedi Marx). Una nuova crisi destabilizzante si ha nel secolo successivo, in particolar modo con la Prima guerra mondiale e la conseguente nascita dei sistemi totalitaristi che, un po' come nella catena di montaggio di Ford, imbrigliano il popolo. La Seconda guerra mondiale fa detonare gli squilibri geopolitici e sociali (come la bomba atomica) ma mette le basi per la società attuale. La ricerca scientifica si mette al servizio dei belligeranti. Fisici, chimici, ingegneri, matematici lavorano incessantemente per raggiungere traguardi tecnologici fino ad allora impensabili e dimostrare senza ombra di dubbio la superiorità dell'una e dell'altra parte. Lo studio dei messaggi in codice e criptati (nati un secolo prima col codice Morse) sono alla radice del nuovo corso della società che non può più prescindere dall'informazione necessariamente precisa, inequivocabile e oggettiva. Grazie alla guerra dunque, alla crisi per eccellenza, è nata l'informatica.
Questa lunga riflessione si può dunque semplificare dicendo che le "rivoluzioni" fondamentali sono state quella agricola e quella industriale che hanno portato, come conseguenza, alla nascita del linguaggio scritto e a quello informatico.

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