giovedì 10 marzo 2016

Salti, evoluzioni e conseguenze

In questi giorni abbiamo riflettuto sul concetto di crisi e su ciò che la crisi comporta. Crisi in fondo deriva dal greco krino cioè separare, cernere o discernere, giudicare, valutare. Dunque è evidente che il concetto di crisi, oggi usato in maniera negativa, ha in sé un significato positivo. La crisi porta a una riflessione sull'essere, sulla società, sulla tecnica etc. che può produrre un salto in avanti.
Da questa riflessione ne nasce un'altra, forse fuori tema, che riguarda l'evoluzione ed in particolare quello della società umana.
Il mio intento è quello di mettere in relazione due tappe della storia umana, due rivoluzioni economico-culturali che hanno portato nel tempo a una rivoluzione dell'informazione.
L'umanità affronta un salto in avanti alla fine dell'ultima era glaciale: con un clima più temperato si riesce a sfruttare meglio la natura e si capisce che questa può essere controllata "artificialmente". Nascono l'agricoltura e l'allevamento! Questa rivoluzione profonda genera una serie di conseguenze a lungo termine dalle quali non si può più prescindere. Il salto tecnologico e culturale necessita di una nuova struttura della società. Non è più necessario il nomadismo e la società sedentaria ha bisogno di strutture insediative permanenti: nasce l'edilizia e il villaggio-città. La stabilizzazione dei nuovi insediamenti ha bisogno di luoghi simbolici a livello religioso che sostituiscano la vetta, il masso, l'albero, il fiume: nascono i templi-altari. La nuova complessità sociale (a cui dobbiamo aggiungere l'immagazzinamento del surplus produttivo e la necessità di gestire funzionalmente il territorio agricolo con la canalizzazione delle acque per l'irrigazione) necessità di nuove figure atte alla gestione del tutto: nasce la politica. Ma come tenere legata la società da vincoli che possano rimanere, da una convenzione oggettiva? Come si può mantenere la contabilità, mandare informazioni, descrivere le divinità, tramandare la storia dell'origine della città senza però dei modi di comunicare soggettivi? Ecco che nasce l'esigenza di sviluppare una "convenzione grafica" atta all'informazione: nasce la scrittura!
Esaminata la prima grande rivoluzione si passa alla seconda.
L'epoca agricola non incorre in crisi di sistema per lungo tempo. Ciò non significa che non ci sono crisi, anche perché è la storia a smentirmi. Ci sono state crisi politiche, carestie e tracolli economici, pestilenze e inflessioni della popolazione ma il sistema agricolo è rimasto in vita ed è stato sempre e comunque alla base della società umana.
Nel Medioevo però, in seguito agli sconvolgimenti politici successivi alla caduta dell'Impero romano, si assiste in Europa a un cambiamento sostanziale. Nascono i comuni e gli stati nazionali. L'Italia in particolare è al centro di questo fermento e al centro delle rotte economiche e culturali. Le crociate, la crisi dell'Impero bizantino e del mondo musulmano, il rafforzamento del ruolo del papato e, aggiungo io, la nascita del regno di Sicilia aprono nuovi orizzonti economici che l'Italia, paradossalmente grazie alla divisione politica la caratterizza, riesce a sfruttare a pieno. La divisione crea concorrenza che stimola lo sviluppo della "ricerca" in senso lato. Dal punto di vista economico nascono le banche e quindi la finanza. L'aumentare di capitale e il surplus vengono investiti in architettura e arte oltre che nella manifattura. I centri di sviluppo in particolare sono Firenze e Siena, entrambe sulla via Francigena, ma anche Milano, Venezia, Bologna, Roma e Napoli. A mio modo di vedere è nato il capitalismo! Il massimo sviluppo si raggiunge con il Rinascimento e la stampa ma la contemporanea scoperta dell'America, l'impero ottomano e la riforma protestante mettono in crisi il sistema. In Italia però la distanza dalle rotte oceaniche ma soprattutto la mancanza di unità politica non permettono di fare il salto, cosa che invece succede altrove. Per esempio in Spagna è in questo periodo che si raggiunge l'unità, Francia e Inghilterra si stabilizzano con il rafforzarsi delle rispettive monarchie mente il nord Europa trova un nuovo stimolo grazie alla riforma protestate. Il salto dal precapitalismo al capitalismo vero e proprio si ha poi con le teorie economiche di Smith ma soprattutto con l'invenzione della macchina a vapore. Benvenuta rivoluzione industriale!
Cosa succede ora? Cambia tutto! La nuova forza produttiva e quindi economica è nella borghesia, in contrapposizione con la nobiltà che detiene il monopolio della terra. Questi interessi divergenti non possono che arrivare allo scontro: abbiamo la rivoluzione americana e francese (e Napoleone). L'Ottocento dunque e il secolo della stabilizzazione del sistema industriale, con lo sviluppo dello stato liberale, dello studio sulle nuove questioni umane e della ricerca di risposte per le masse (vedi Marx). Una nuova crisi destabilizzante si ha nel secolo successivo, in particolar modo con la Prima guerra mondiale e la conseguente nascita dei sistemi totalitaristi che, un po' come nella catena di montaggio di Ford, imbrigliano il popolo. La Seconda guerra mondiale fa detonare gli squilibri geopolitici e sociali (come la bomba atomica) ma mette le basi per la società attuale. La ricerca scientifica si mette al servizio dei belligeranti. Fisici, chimici, ingegneri, matematici lavorano incessantemente per raggiungere traguardi tecnologici fino ad allora impensabili e dimostrare senza ombra di dubbio la superiorità dell'una e dell'altra parte. Lo studio dei messaggi in codice e criptati (nati un secolo prima col codice Morse) sono alla radice del nuovo corso della società che non può più prescindere dall'informazione necessariamente precisa, inequivocabile e oggettiva. Grazie alla guerra dunque, alla crisi per eccellenza, è nata l'informatica.
Questa lunga riflessione si può dunque semplificare dicendo che le "rivoluzioni" fondamentali sono state quella agricola e quella industriale che hanno portato, come conseguenza, alla nascita del linguaggio scritto e a quello informatico.

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